domenica 18 dicembre 2011

Vademecum per giovani artisti.


Una quindicina di anni fa, su consiglio della mia professoressa di Storia dell’Arte, lessi un libro incredibilmente interessante. 
Il titolo del libro è Vademecum per giovani artisti, scritto nel 1993 da Roberto “Freak” Antoni.
Non conoscevo questo poliedrico comico, cabarettista, musicista, cantante (leader del gruppo musicale Skiantos), insomma, un (ir)responsabile artista a tutto tondo.
Ricordo che la lettura del libro fu molto divertente. Mi piacque molto, perché riusciva a trattare argomenti importanti, legati al campo artistico, in maniera leggera e spiritosa. Il testo aveva al suo interno, quella capacità di sdrammatizzare, quella voglia di affrontare in maniera positiva anche situazioni complesse e che possono sembrare insormontabili. 
Parlava di musica, letteratura, pittura, fumetti, sostenendo che tutti i problemi tipicamente artistici, come il blocco d’artista, la volgarità e l’ignoranza del pubblico, si possono superare in maniera semplicemente ludica. 
Come se la vita fosse un grande scherzo cosmico, come era solito dire Alfred Jarry.
Purtroppo il libro è fuori produzione, un vero peccato.
Mi auguro che venga ripubblicato al più presto!
Gli Skiantos mi fanno pensare ai dadaisti, hanno la stessa carica irriverente e volgarmente creativa. La differenza maggiore sta nel fatto che i dadaisti erano dei distruttori, gli skiantos, invece, riescono a conservare quella traccia di infantile speranza nella vita: come un sorriso dopo una parolaccia.
Se volete farvi una risata impegnata cliccate QUI.

sabato 17 dicembre 2011

Lezione Ventuno.


Qualche giorno fa ho rivisto il film Lezione 21.  Prodotto da Domenico Procacci per Fandango, uscito il 2008 nelle sale di tutta Italia “Lezione 21″, è il primo film diretto da Alessandro Baricco (che ne ha curato anche lo script, prendendo a prestito il personaggio del professor Mondrian Kilroy dal proprio romanzo “City”).  Protagonista del film è la Nona Sinfonia di Beethoven, come nacque e cosa accadde la prima volta che venne presentata al pubblico viennese, sullo sfondo di set surreali abitati da personaggi improbabili, velieri arenati tra montagne innevate e pub londinesi. Il geniale professor Mondrian Kilroy (sullo schermo con il volto di John Hurt) funge da narratore della storia e attraverso una lezione indimenticabile ci accompagna in un viaggio nel passato che diventa una riflessione sulla vecchiaia, sull’amore e sulla bellezza.   


Parlando dell'opera, l'autore dice: «È un film sulla vecchiaia, dal valore universale, nel senso che non ha riferimenti specifici alla realtà. Non a caso - anticipa lo scrittore - il cast è di lingua inglese, è proprio una conseguenza del fatto che non si tratta di una storia italiana... il personaggio interpretato da John Hurt è Mondrian Kilroy, il professore del mio 'City': l'ho sfilato da lì e ho cambiato qualcosa, ma è lui. È un personaggio stravagante fuori dalle regole. È la storia che ha in testa e che racconta, e la sua testa è la mia, è un pazza lezione. Ma è anche il racconto - conclude il neoregista - della sua vicenda personale, di un uomo anziano. Per questo dico che, alla fine, è soprattutto un film sulla vecchiaia». 


 Lezione Ventuno inizia e si conclude sul ghiaccio (i meravigliosi paesaggi del Trentino), con delle figure che avanzano a passo di danza, accompagnate dalla musica di Beethoven. La fotografia spettacolare ed i colori scelti fanno apparire ogni singolo fotogramma come un dipinto. Se amate i suoi libri, non perdetevi questo film: le parole, attraenti e ricche di musicalità, si sono trasformate in immagini.

giovedì 1 dicembre 2011

Leonardo, Dan Brown e Vittorio Sgarbi.


Leonardo da Vinci era uno scienziato, un uomo che amava sperimentare. Proprio per via di questa sua ricerca continua, osava mischiare tecniche pittoriche per inventare qualcosa di nuovo o di diverso. I risultati, per quello che riguarda la conservazione e la durata delle opere, però non erano dei più soddisfacenti e dei migliori. Dell’artista, infatti, ci sono rimasti pochi, ma splendidi lavori. Il suo genio lo spingeva a non accontentarsi facilmente e nella sua, Ultima cena, che è indubbiamente opera di eccezionale valore, ci troviamo di fronte ad una parvenza di dipinto, a una illusione artistica. L’affresco cominciò a deperire appena terminato, e Leonardo si accorse che la tecnica che aveva utilizzato mostrava subito i suoi gravi difetti: nella parte a sinistra in basso si intravedeva già una piccola crepa. Già una ventina di anni dopo la sua realizzazione, il Cenacolo presentava danni molto gravi, tanto che Vasari, scrisse che "non si scorge più se non una macchia abbagliata". Altrettanto importante fu la forte umidità presente nel muro del Refettorio, adiacente le cucine, di Santa Maria delle Grazie a Milano, dove l’opera si trova. La grandezza dell’affresco è legata all’iconografia differente, non viene adottata la tradizionale rappresentazione dell’ “Ultima cena”, con gli apostoli seduti intorno al tavolo. Leonardo li dispone invece tutti dalla stessa parte per raffigurare meglio il loro turbamento dopo l’annuncio dell’imminente tradimento. L’artista Leonardo ci fa vedere la sua grandezza nel coraggio di mutare la tradizionale iconografia, e la sua incertezza umana, nei personaggi che dipinge e nelle scelte tecniche che utilizza. Insomma, l’uomo Leonardo incarna il dubbio naturale che caratterizza il ‘500 e che era sconosciuto al primo Rinascimento.
Qualche anno fa ho letto il romanzo Il codice da Vinci, di Dan Brown. E’ stata una lettura molto piacevole e interessante, ma quello che mi ha fatto piacere e di cui sono stato contento, è stato il riscontrare un maggiore interesse, una voglia di avvicinarsi all’opera di Leonardo da parte di molte persone, anche lontane dal mondo dell’arte. Sta qui la grandezza di Dan Brown, quella potente forza attrattiva, quella seducente carica enigmatica che traspare sempre, e che ci colpisce nel guardare un capolavoro come se fosse per la prime volta. Quel far crescere il seme del dubbio. Come se l’opera non fosse un semplice strato di intonaco e  pigmenti di tempera e olio, ma uno specchio segreto pronto a riflettere tutta la nostra insicurezza, i nostri dubbi e le nostra paure. Brown ci dice che nell’opera viene rappresentata Maria Maddalena, l’amante di Gesù. Ecco l’incerto, il tarlo che si insinua nel cervello. Ci spinge a pensare, a valutare. Smuove le nostre certezze. Per un po’ ci ho creduto anche io, o meglio mi sono fatto trascinare dalla pulsione romantica e dal piacere di contraddire un dogma cattolico. Poi, però, mi sono detto che l’aspetto dell’apostolo Giovanni, nell’iconografia dell’epoca, è sempre stato quello di un adolescente dai capelli lunghi e dai lineamenti dolci che oggi possono sembrare femminei, ma che all'epoca erano la consuetudine. Giovanni viene dipinto come un "giovane vergine" il cui nome "significa che in lui fu la grazia: in lui infatti ci fu la grazia della castità del suo stato virginale". Anche la mancanza delle aureole dei personaggi raffigurati, che a certi è parsa "sospetta", in realtà non ha nessuna valenza eretica. Tanti altri artisti prima di Leonardo, soprattutto di area nord-europea, avevano omesso le aureole nelle loro opere di soggetto sacro. E’ stato bello, finché è durato.
A proposito di polemiche artistiche, come non parlare di Vittorio Sgarbi. Qualche anno fa ho avuto il piacere di guardare in televisione una puntata di Matrix. Dico il piacere perché, per una volta almeno, è andata in onda un po’ di Cultura con la C maiuscola. In mezzo a tante porcherie, in quella trasmissione Sgarbi commentò e spiegò superbamente, Il cenacolo di Leonardo da Vinci. Quando parla di arte Sgarbi è magnifico, solo, quando parla di arte...
E’ un peccato che il nostro BUON Vittorio, abbia nel cognome il suo destino.